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lunedì 6 giugno 2011

NON RACCONTATE LE FAVOLE AI GIOVANI

Stavolta oggetto della nostra critica sono le fandonie che quotidianamente vengono raccontate ai giovani, fin dalla più tenera età. Tutti infatti, veniamo inseriti nel mondo dell'illusione dove tutto sembra possibile e dove nulla è precluso a priori.
Ci hanno fatto credere che siamo tutti uguali, senza distinzione di razza, sesso e status sociale. Balle. Balle frutto di un modus vivendi impregnato soprattutto, ma non solo, da valori catto-comunisti ben presenti in tutte le opere di formazione (fin dagli albi per bambini! Si veda la rivoluzione rodariana degli anni 70). Modi di vivere insomma ideologizzati, quanto mai inadatti per la realtà sociale di oggi. D'altra parte, si sa, le ideologie vanno e vengono.
Improponibile 'l'ugualianza' nel capitalistico mondo di oggi. Certo sulla carta, a parole tutto si può fare. Basta un pò di vernice per scrivere su un muro che la legge è uguale per tutti, ma certo ci vuole molto di più per far in modo che questo succeda davvero. Come si può pensare che un povero Cristo, che fatica ad arrivare alla fine del mese, possa essere uguale a un Della Valle, a un Berlusconi o un D'Alema (davanti alla legge e non)!? Persone che hanno una situazione socio-economica che un operaio non raggiungerebbe nemmeno lavorando tre vite consecutivamente.
E Quindi? Che bisogna fare? Una rivoluzione? No, nulla di tutto questo. Bisogna semplicemente dire la verità e cioè che non siamo tutti uguali e non lo saremo mai. Che non abbiamo tutti le stesse possibilità e che esistono persone di serie A e persone di serie B.
La cosa non vi piace? Fa lo stesso, tanta la realtà è questa. In fondo lo diceva già Schopenanhauer: "che la vita debba essere bella, è in invenzione dell'uomo. La vita va come vuole e noi ci dobbiamo adattare, nel bene e nel male". La nostra felicità quindi è solo frutto di una coincidenza tra quello che desideriamo e quello che il destino ci prospetta.
Si, bisogna farsene una ragione, il mondo è profondamente ingiusto. E' solo per un nostro bisogno innato di giustizia che ci autoinganniamo (e inganniamo gli altri) che debba essere giusto.
Basti pensare a come incide la famiglia in cui si nasce. E' giusto che uno nasca figlio di un agricoltore e uno figlio di Agnelli? E' giusto che il primo sarà costretto, per necessità, a rinunciare a moltissime cose, mentre il secondo, al diciottesimo compleanno di età, riceverà come regalo una Maserati? No, nulla di tutto questo è giusto; eppure accade.
Quindi smettiamola di ingannare la gente, soprattutto i giovani, dicendo che il mondo è bello nonchè fantastico luogo di opportunità. Prima o poi le illusioni crollano e si vedono statisticamente i risultati: suicidi, depressioni e patologie mentali. Tutti vittime di questa contraddizione in termini: la possibilità astratta e illusoria di avere il meglio e la limitatezza a cui i più (quasi tutti) sono costretti a vivere nella quotidianità. Per certi versi vivevano meglio nel medioevo, dove il figlio di contadino non si sognava nemmeno di fare un lavoro diverso, tanto meno immaginava di diventare un nobile! Certo una magra realtà, ma tutto sommato tranquilla.
Ovviamente quest'ultima osservazione vuol essere una provocazione. Le cose infatti potrebbero essere un pò migliorate (certo non stravolte alla 'ingiusta' base) se si riformassero alcuni aspetti della situazione attuale. Ad esempio, sarebbe opportuno mettere il numero chiuso a tutte le Facoltà. Che senso ha ingannare una moltitudine di giovani!? Si son già creati troppi professori senza cattedre, troppo ingegneri senza cantieri, troppi avvocati senza cause... etc. etc. Il problema di questo ragionamento assolutamente valido? Che per chi scrive, dovrebbe passare lo sbarramento del 'numero chiuso' solo chi lo merità per intrinseche qualità. La realtà però, anche stavolta, è ben diversa dalla teoria siccome spesso  ai posti migliori accede chi ha 'conoscenze' migliori. E la situazione 'liberalizzata' di oggi non è così democratica come si crede. 'Chiunque' può diventare ingegnere. Certo, sulla carta. Ma nella realtà? Che uguaglianza c'è tra un ingegnere figlio di un operaio e un ingegnere figlio di un ingegnere (magari a sua volta figlio di un ingegnere) ed erede di uno studio privato ben avviato? Zero. Nel migliore dei casi il figlio dell'operaio troverà  un posto da impiegato sottopagato (magari proprio nello studio del figlio di ingegnere), mentre il secondo siederà comodo dietro la scrivania del capo a dirige gli altri. Magari la cosa è ancora più ingiusta perchè il primo si era laureato con 110 e lode, mentre il secondo con il minimo dei voti. Ma come abbiamo detto anche altrove questo non è il mondo del merito. E attenzione, non si vuole accusare in questo articolo i ricchi o i figli di ricchi! Se uno ci nascesse non ne avrebbe colpa, come non avrebbe colpa della povertà altrui!  Si vuole solamente accendere i riflettori sulla verità. Su come davvero il mondo va, senza filtri illusori. Se non si può cambiare il mondo, almeno raggiungiamo la consapevolezza di come è realmente fatto (non certo come nelle favole che ci raccontano!).
Quindi? Quindi non ci sono soluzioni, mettetevi il cuore in pace e fatevene una ragione: uno su mille ce la fa: se siete quell'uno lo capite sin dalla nascita; altrimenti, ahimè, siete uno dei 999.
Questa è la triste realtà, ma almeno, ora, qualcuno ha avuto il coraggio di dirla a differenza di tutti quelli che, fino ad oggi, vi sono stati intorno.